Se l’economia può diventare circolare, perché non deve esserlo anche la società? Cosa manca perché lo sia? Questa è la nostra proposta di riflessione, di impegno, di visione: al centro della nostra società circolare c’è la persona. Si parte da un bisogno espresso da una comunità e si genera una risposta che è anche restituzione. Di ricchezza intellettuale e sociale prima che economica, perché il benessere non è fatto solo di ideali. Per essere competitivi, per come noi intendiamo il concetto di, occorre usare tutte le risorse disponibili e non lasciare scarti. Né materiali né umani. Per circolare intendiamo dunque una società che può rigenerarsi, riutilizzando tutte le risorse senza sprecarle, e che alla fine del ciclo ha soddisfatto tutti, senza lasciare indietro nessuno.
“L’impresa e la società hanno bisogno l’una dell’altra” (Porter, 2006). Sempre più vero in un’epoca che vede intrecciarsi indissolubilmente i destini e le relazioni delle imprese con il territorio e con le comunità. Di politiche di sviluppo che includono il disegno socio-economico della società che vorremmo oppure che siamo in grado di costruire. Di clienti che diventano utenti interattivi di un servizio e di un bene, trasformati in community globale dai social network.
La società circolare è un modo di pensare e di vivere il mondo oltre l’anagrafe, il genere, la razza, il ceto e il censo.
La cooperazione, e noi di Confcooperative, possiamo e vogliamo prenderci in carico, per quello che è nelle nostre possibilità, la responsabilità di contribuire a una società che, per intenzione oltre che per progettazione, sia circolare: attraverso democrazia e biodiversità economica ma anche perseguendo etica e legalità nella gestione delle imprese, proponendo sussidiarietà nell'organizzazione dei servizi pubblici per dare un ruolo primario a cittadini, imprese, associazioni. Promuovendo un welfare di comunità sociale e sanitario in partnership pubblico/private, conducendo un’energica lotta alla povertà e politiche inclusive attente innanzitutto alle fasce deboli, riconoscendo il valore della socialità non solo nell'output delle imprese e delle istituzioni ma anche nella fase di “produzione”; restituendo centralità al territorio, alle comunità, e prossimità al bisogno.